Villa della Punta
Il grande complesso, situato sull’isola che anticamente fronteggiava la foce del Timavo, venne indagato agli inizi degli anni Settanta del Novecento.
Esso era caratterizzato da una trentina di ambienti disposti intorno a un cortile centrale.
A nord e a nord-est, nell’ala residenziale, alcuni vani presentavano pavimenti decorati con mosaici geometrici in bianco e nero; a ovest era probabilmente situata la parte rustica della villa dove si svolgevano attività produttive. Il rinvenimento di una pressa da olive e di elementi in pietra riconducibili a un torchio sembra confermare questa attribuzione.
Una serie di vani, inoltre, è stata interpretata in via ipotetica come un’area termale. Qui è stato rinvenuto un mosaico con un riquadro centrale che raffigura due delfini neri affrontati a un tridente.
Questi ambienti si aprivano su un cortile affacciato sulla laguna; nelle vicinanze è stata eccezionalmente rinvenuta un’imbarcazione. Essa, per la tecnica costruttiva impiegata (“a mortase e tenoni”) era destinata a un uso in mare aperto.
Della barca, databile come l’edificio residenziale tra la seconda metà del I secolo a.C. e il II secolo d.C., si conservava il fondo, quasi per intero (11 x 3,8 metri).
È possibile che servisse per la distribuzione commerciale dei prodotti della villa (olio, vino, salse di pesce?). All’interno dello scafo si sono ritrovati alcuni oggetti di uso quotidiano che erano utilizzati a bordo: vasi in ceramica, un paniere di vimini e un recipiente di legno contenente uva.
Il relitto si trova oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.
Terme romane di Monfalcone
Il territorio definito nell’antichità Lacus Timavi era noto per la presenza di acque solforose che ancora oggi sgorgano dal sottosuoloe sono sfruttate dai moderni impianti termali di Monfalcone.
La principale fonte, con temperatura attorno ai 40°, si trovava nella parte occidentale della maggiore delle insulae clarae, piccole isole che in epoca romana erano prospicientil’area costiera delle Bocche del Timavo. Quest’isola, caratterizzata da due alture unite da un istmo, sembrava dividersi in due parti al salire della marea; la più grande di esse in età moderna prese il nome di collina di Sant’Antonio, l’altra, dove sgorgava una polla di acqua termale più tiepida, era chiamata isola della Punta.
Oggi queste isole si trovano completamente interrate sia a causa del progressivo impaludamento dell’area costiera sia a causa delle bonifiche realizzate dall’uomo.
Nonostante il fatto che non si fosse mai persa memoria della presenza delle terme antiche e nonostante le numerose ricerche scientifiche condotte nell’area dalla fine dell’Ottocento, è ancora difficile ricostruire l’effettiva articolazione ed estensione dell’impianto termale di epoca romana, a causa della continua sovrapposizione di altri edifici con la medesima funzione nel corso dei secoli.
Gli scavi condotti nell’area nel 1911 portarono alla scoperta di vani pavimentati in cotto e in parte affrescati e di una corte delimitata su due lati da un portico. Altre più recenti indagini archeologiche hanno apportato nuovi dati alla comprensione delle antiche terme, che furono attive tra la fine del I secolo a.C. e il III secolo d.C.
Di notevole interesse è la scoperta di una statuetta in marmo di un Erote dormiente che probabilmente faceva parte dell’apparato decorativo del complesso termale.
Villa del Randaccio
La villa, di cui sono stati portati alla luce 40 vani per una superficie di circa 1300 mq, si trova all’interno del parco dell’acquedotto di Trieste “Giovanni Randaccio” in prossimità delle risorgive del Timavo.
I vani dell’edificio si disponevano su tre livelli sfruttando in parte il pendio roccioso di un’altura carsica.
Lo scavo, reso problematico dalla costante risalita dell’acqua di falda, ha consentito di indagare un settore della parte residenziale della villa. Essa, fondata entro la metà del I secolo a.C., venne modificata quattro volte: in epoca augustea (27 a.C.-14 d.C.) i pavimenti delle stanze furono rivestiti da mosaici bianchi e neri con motivi a crocette, a stelle, a losanghe, a mura merlate; nella terza fase, fra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., la villa venne ampliata e alcuni vani furono dotati di riscaldamento a pavimento e a parete tramite intercapedini e tubi per il passaggio dell’aria riscaldata da una caldaia.
Nell’ultima fase, tra il III e gli inizi del IV secolo d.C., l’edificio, già in parteabbandonato, fu rimaneggiato con l’impianto di strutture di tipo produttivo (alcune vasche e un focolare).
Il complesso, per le sue dimensioni e per la vicinanza alla strada che da Aquileia conduceva a Tergeste, è stato interpretato come una mansio, ovvero come una delle stazioni di sosta per il riposo dei viaggiatori e dei cavalli, situate lungo le vie a distanza regolare.
Gli studiosi identificano questa mansio nella stazione viaria illustrata presso il Fons Timavi nella Tabula Peutingeriana, copia medievale di un itinerario dipinto di età romana (probabilmente della seconda metà del IV secolo d.C.).
La villa di Ronchi dei Legionari
Di questa villa rustica di età romana, scavata solo parzialmente (per una superficie di circa 600 mq), si conosce solo il limite sud-orientale in quanto la parte occidentale si trova all’interno dell’area aeroportuale. Il sito archeologico fu individuato nel 1987 in seguito a lavori per l’acquedotto e fu indagato a più riprese fino al 2007.
La villa, edificata intorno alla metà del I secolo a.C., ebbe tre fasi costruttive principali e fu infine distrutta da un incendio nel III secolo d.C.
Le strutture abbandonate vennero poi ricoperte dalle esondazioni di un corso d’acqua (forse un ramo dell’Isonzo) che allora scorreva a poca distanza. La pianta a U dell’edificio era caratterizzata da una serie di ambienti disposti,a quote differenti, attorno a una corte centrale: la pars urbana, destinata alla residenza del dominus (il proprietario), era collocata a una quota più alta. Sale di rappresentanza,caratterizzate da pavimenti con mosaici policromi o con motivi geometrici bianchi/neri, si affacciavano esternamente su un portico colonnato rivolto verso la campagna o forse un giardino.
Sempre in questo settore della villa un piccolo ambiente era dotato di un sistema di riscaldamento a suspensurae, colonnine in mattoni che rialzavano il pavimento permettendo il passaggio dell’aria calda che proveniva da una vicina caldaia.
La pars rustica, in cui si svolgevano le principali attività produttive e di lavorazione dei prodotti agricoli si trovava al di là del cortile. Qui i vani avevano dimensioni più ridotte: alcuni di essi erano pavimentati con mattoncini in cotto.