Blocco ponte romano Ronchi dei Legionari, reimpiegato

Ponte di Ronchi

Questa imponente struttura, edificata molto probabilmente a cavallo tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C., costituiva un importante snodo della viabilità antica nel territorio.
Dalle fonti storiche sappiamo che i suoi resti furono portati alla luce per la prima volta intorno al 1688 nei pressi della chiesa di San Lorenzo di Ronchi, durante lavori di escavazione della ghiaia.
Gran parte dei blocchi di pietra che ne costituivano gli elementi strutturali furono rimossi nel corso dei secoli per essere in parte reimpiegati come materiale edilizio, ad esempio nel campanile della scomparsa chiesa di San Poletto a Monfalcone, o in quello della chiesa di Campolongo; altri blocchi, ancora oggi visibili, furono collocati come elementi decorativi, sul muro di cinta della villa De Dottori a Ronchi dei Legionari.
Oggi nulla rimane visibile del ponte in situ; tutto quello che conosciamo della sua conformazione e dei materiali di cui era costituito ci viene dall’analisi dell’ingente quantità di bocchi di pietra riutilizzati o ammassati in prossimità dell’area in cui esso sorgeva.
La struttura, lunga oltre 200 metri, era alta tra gli 8 e i 10 metri, ed era sostenuta da sei piloni; attraversava un antico ramo dell’Isonzo, oggi scomparso, che correva ai piedi del Carso.
In età romana, ma in un momento che non è possibile precisare, il ponte venne ristrutturato: a questo scopo furono impiegate lapidi o parti di monumenti funerari, databili entro la prima metà del I secolo d.C., provenienti probabilmente da vicine necropoli che erano situate come di consueto lungo le vie di comunicazione.


Blocco del ponte romano di Ronchi dei Legionari ; Ronchi dei Legionari; ville del Lacus Timavi

La villa di Ronchi dei Legionari

Di questa villa rustica di età romana, scavata solo parzialmente (per una superficie di circa 600 mq), si conosce solo il limite sud-orientale in quanto la parte occidentale si trova all’interno dell’area aeroportuale. Il sito archeologico fu individuato nel 1987 in seguito a lavori per l’acquedotto e fu indagato a più riprese fino al 2007.
La villa, edificata intorno alla metà del I secolo a.C., ebbe tre fasi costruttive principali e fu infine distrutta da un incendio nel III secolo d.C.
Le strutture abbandonate vennero poi ricoperte dalle esondazioni di un corso d’acqua (forse un ramo dell’Isonzo) che allora scorreva a poca distanza. La pianta a U dell’edificio era caratterizzata da una serie di ambienti disposti,a quote differenti, attorno a una corte centrale: la pars urbana, destinata alla residenza del dominus (il proprietario), era collocata a una quota più alta. Sale di rappresentanza,caratterizzate da pavimenti con mosaici policromi o con motivi geometrici bianchi/neri, si affacciavano esternamente su un portico colonnato rivolto verso la campagna o forse un giardino.
Sempre in questo settore della villa un piccolo ambiente era dotato di un sistema di riscaldamento a suspensurae, colonnine in mattoni che rialzavano il pavimento permettendo il passaggio dell’aria calda che proveniva da una vicina caldaia.
La pars rustica, in cui si svolgevano le principali attività produttive e di lavorazione dei prodotti agricoli si trovava al di là del cortile. Qui i vani avevano dimensioni più ridotte: alcuni di essi erano pavimentati con mattoncini in cotto.